mercoledì 2 novembre 2011

Lavori usuranti

di Maurizio Bisozzi

Spero si intervenga in tempo, non posso pensare che nel prolungamento dell’età pensionabile siano inclusi anche i lavori usuranti, come lo sportellista di Posteitaliane, Roma Aurelio.
Un tranquillo giovedì mattina mi decido finalmente ad andare a ritirare la raccomandata giacente presso detto ufficio. Già so che è una multa: mia moglie è una fantastica persona, però guida come un cane drogato. Nobody is perfect.
Entrando nell’ufficio postale mi si spalanca il cuore: ben quattro sportelli sono dedicati al ritiro e spedizione raccomandate e dal numero sputato dall’eliminacode deduco che ho davanti a me non più di una manciata di persone. Mi siedo, sorridendo soddisfatto alla ragazza della sedia accanto e ricevendo in cambio la valutazione di perfetto imbecille.
C’è poco da sorridere, ha ragione lei: dei quattro sportelli, tre sono vuoti.
Intendiamoci, sulle spalliere delle sedie campeggiano le giacche degli impiegati, ma nessuna traccia dei rispettivi proprietari. Forse le hanno lasciate lì per occupare i posti, con tanti disoccupati in giro non si sa mai. Dopo una decina di minuti compare uno dei dispersi, sfoggiando una tuta da ginnastica da far invidia ad un ricoverato del CTO. Ipotizzo che gli serva per muoversi con maggiore agilità tra timbri e scaffali, ma l’incedere
non conferma l’ipotesi. Si accomoda ben bene e inizia a discorrere con l’unico impiegato al lavoro agli sportelli, che ha avuto la curiosità di chiedergli che fine avessero fatto gli altri colleghi. Dopo una lunga e pare soddisfacente relazione in merito, si decide ad attivare il chiama-numeri.
La prima cliente deve ritirare una raccomandata, e l’atleta di Posteitaliane scompare con passo pensoso dietro gli scaffali. Per fortuna sta rientrando al proprio posto una collega, forse ritrovata grazie a “chi l’ha visto?”. Un utente, senza regolare numeretto, la approccia: ha bisogno di ricevute di ritorno, assenti sui banconi. La ragazza si rialza prontamente e annuncia che va a cercare l’impiegato addetto alla distribuzione delle cartoline. In compenso si rivede la quarta e ultima impiegata, dopo circa venti minuti di assenza. Si siede e istantaneamente si spegne il display sopra la sua postazione. Smanetta con il computer, poi chiama in aiuto l’unico collega operativo alla postazione accanto. Ai due si aggiunge l’atleta di ritorno e tutti attorno al capezzale del display concordano che si è bloccato qualcosa. Verrebbe da far presente che la diagnosi è applicabile anche alla fila degli utenti, ma non credo intereressi loro più di tanto. Viene quindi convocata una quarta impiegata dalle retrovie, ma non per il servizio di sportello, ma per aggiungersi ai tre e confermare la diagnosi di blocco.
Lo stato di salute del display deve preoccupare davvero tanto, visto che nessuno ha il coraggio di abbandonarlo e tornare al proprio posto. Forse hanno paura che peggiori.
Torna quella delle ricevute di ritorno e annuncia che il collega è introvabile: c’è da crederle, dal tempo trascorso deve avere ispezionato accuratamente anche cantine e soffitte dell’edificio.
Viene comunque proposto all’utente bisognoso di 14 cartoline, l’acquisto di un pacchetto da 200 tagliandi atti allo scopo. Mi allontano, mentre i toni salgono allo scendere della pazienza degli utenti, pensando che la saggia presenza di cristalli massicci sopra i banconi non è a difesa del denaro, ma delle persone.
Sorrido dentro di me al pensiero degli accordi che si vanno via via firmando tra Regioni e Posteitaliane per prenotazioni visite o distribuzione farmaci. Ma nessun funzionario della Regione ha mai messo piedi in un ufficio postale?
Per la multa proverò ancora; per pagare o morire c’è sempre tempo e il placido distacco degli impiegati postali dalle terrene angustie esalta questo proverbiale assioma.


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