domenica 17 aprile 2011

Favoletta del terzo millennio

Post di Maurizio Bisozzi
Farmacista titolare, Roma

C'era una volta, in un paese lontano lontano un falegname che costruiva i mobili più belli del mondo, un ciabattino che disegnava e realizzava scarpe comode e robuste, un sarto che creava modelli eleganti e su misura, un farmacista che allestiva medicine adatte ad ogni malattia e ad ogni persona. Un brutto giorno arrivò in quel paese incantato un omino piccolo, brutto e con il sorriso cattivo.
Andò dal falegname e gli offrì un sacchetto di perle in cambio di sega e pialla.
Il falegname era tentato, ma esitava
− Come farò poi a costruire i miei mobili?-
− Non preoccuparti, venderai i mobili che io ti fornirò -
Andò poi dal ciabattino e offrì un sacchetto d'oro per avere colla, chiodini e tronchesine
− Ma poi non farò più scarpe?-
− No, ma venderai quelle che ti porterò io-
Toccò quindi al sarto vendere forbici, ago e filo e ultimo toccò al farmacista privarsi di mortaio e pestello in cambio di un mucchio di denaro e la garanzia che a fornirgli le medicine ci avrebbe pensato il piccoletto.
Da allora in quel paese i mobili diventarono di qualità scadente, piani che si scollavano e legno che marciva presto; le scarpe divennero costose e scomode, gli abiti tutti uguali l'uno all'altro. Anche le cure persero ogni personalizzazione, una pasticca curava sia il giovane che il vecchio, il magro come l'obeso, uno sciroppo andava bene per tutti. L'importante era che lo dicesse la televisione.
Piano piano si cominciò a vendere tutto in enormi e spaventose costruzioni in periferia, chiamate ipermercati, perchè la televisione diceva che così si risparmiava e poi era bello passare il sabato e la domenica in mezzo a quegli scaffali pieni zeppi di merce colorata.
Del falegname non aveva più bisogno nessuno, le scarpe rotte si buttavano perchè “tanto non erano più alla moda”, non parliamo dei vestiti.
Anche il farmacista non serviva più, era solo un costoso ingombro, e allora il padrone del
supermercato, piccolo, brutto e con il sorriso cattivo lo mise a prenotare visite e distribuire referti, o aiutare il cliente a infilarsi il manicotto dello sfigmomanometro automatico, così, tanto per non farlo deprimere troppo.
Ogni tanto il ciabattino, il sarto, il falegname e il farmacista si incontravano all'osteria e ripensavano ai vecchi tempi: “certo, era diversa la vita ai nostri tempi” commentavano “ eravamo semplici e non immaginavamo neppure quanto bene avrebbe regalato il progresso e la modernità” concludevano.
Poi andavano nella banca fondata dall'omino piccolo, brutto e con il sorriso cattivo, a chiedere un prestito per arrivare alla fine del mese. Quando uscivano dalla banca, commossi dalla benevola generosità dell'omino piccolo, brutto e con il sorriso cattivo, la gente per strada neanche li salutava più.
Ma una sera diversa dalle altre, uscendo dall'osteria, dopo aver bevuto un bicchiere di troppo, i quattro decisero che ne avevano abbastanza di tutto quel bene che l'omino aveva portato a loro e a tutto il paese. Entrarono allora di nascosto nella villa del benefattore e rubarono i loro attrezzi che il piccoletto aveva nascosto in soffitta; il falegname usò sega e chiodi per costruire una grande palizzata di legno e sbarrò l'ingresso dell'ipermercato, il sarto tagliò e cucì un costume volante, con tanto di ali, il ciabattino usò un'intera pelle di vitello per tagliare la tomaia e la suola di una scarpa delle dimensioni di una Smart, il farmacista pestò nel mortaio fino a approntare un barattolo di pomata
per le contusioni grande come un secchio.
Entrarono poi nella stanza dove l'omino piccolo, brutto e con il sorriso cattivo dormiva, gli
saltarono addosso, immobilizzandolo, e dopo che il sarto gli ebbe infilato il costume volante e il farmacista ben bene spalmato il sedere di pomata, aprirono la finestra e con la scarpa grande quanto una Smart gli assestarono un calcione tale da farlo volare oltre la linea dell'orizzonte.
La mattina dopo nel paese l'ipermercato restò chiuso dietro la palizzata e le botteghe tornarono a sollevare le serrande. Il farmacista montò una nuova insegna che recitava “ La farmacia dei servizi” e una scritta più piccola sotto spiegava: “il miglior servizio che posso offrirvi è tornare a fare il farmacista”.

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