mercoledì 20 aprile 2011

La notte dei lunghi coltelli
 Post di Maurizio Bisozzi

E venne la notte dei lunghi coltelli, quella che rischia di veder sorgere l’alba sul sangue versato dai farmacisti. Le lame sono state saggiate sulla cotenna del taglio dei prezzi 
di riferimento deciso dall’Aifa, ma il colpo definitivo potrebbe arrivare entro Pasqua, 
con il farmacista agnello sacrificale sull’altare degli interessi economici dei grandi gruppi che indirizzano la politica italiana.
C’è una profonda instabilità dell’esecutivo, tenuto a ballare sulla corda da quei "Responsabili" il cui esponente di prestigio risulta essere Domenico Scilipoti, inspiegabilmente soprannominato dagli addetti ai lavori Mimmo Monnezza.
Non sarò certo io a insinuare venticelli di calunnia sulla presunta sensibilità al potere politico e/o economico del gruppo dei Responsabili, certo è che la maggioranza 
si regge sui loro voti. Una posizione forte che potrebbe – dico potrebbe – renderli vulnerabili a sollecitazioni esterne di grandi gruppi di potere economico.
Fatto sta che al banchetto di giovedì è probabile che ai commensali Racca e Mandelli 
venga offerta una pietanza cannibalesca, e sono facilmente individuabili i Responsabili 
del menù.
Ho la fondata certezza che i nostri illustri colleghi respingano sdegnati quel piatto immondo. In fondo hanno lottato per mesi difendendo la categoria dall’assalto delle mani forti interessate a mercificare la nostra professione e sono sicuro che né l’una né l’altro vorranno passare alla storia della farmaceutica italiana come coloro che hanno guidato le truppe alla sconfitta più sanguinosa che il mondo ricordi. Non è roboante retorica, ma semplice verità: non esiste al mondo un solo Paese nel quale la fascia C venga venduta in realtà diverse dalla farmacia, e i nostri rappresentanti saranno ben attenti a non incidere il loro nome in calce a questo novità assoluta.
Hanno lottato dicevo, e duramente, per proteggere l’istituto della farmacia l’una 
e la figura del farmacista l’altro, rilasciando bellicose interviste e partecipando 
a convegni e dibattiti. Non posso nascondere che c’è chi borbotta a mezza voce che la difesa la si attua  non solo a parole, ma anche nei fatti, quelli che alla fine contano; come ci sono i soliti facinorosi scontenti a sostenere che un accordo all’interno della categoria con i colleghi titolari di parafarmacia avrebbe spuntato l’arma mediatica più potente e meglio utilizzata da coloro che stanno per banchettare con l’agnello di cui sopra, oltre a far sentire i colleghi di pari dignità e non figli di un Dio minore.
Si conosce l’obiezione sollevata sul fatto che la legge Bersani non discrimina 
tra parafarmacie di proprietà di società di capitali, titolari di farmacia e colleghi “peones”, ma c’è da chiedersi quanto (non) è stato fatto in questi anni per modificare quella legge iniqua.
Gli eterni brontoloni lamentano la chiusura difensiva sul disegno di legge Gasparri-
Tomassini, che ha dovuto temporeggiare per un paio di anni prima di farsi bocciare 
per incompetenza giuridica dal Comitato Tecnico. Anni che non sono stati peraltro 
usati per concludere il famoso “concorsone”, a dire il vero mai neppure bandito. 
Insomma, se alle ispirate e focose parole pronunciate nei convegni e nelle conventions 
fossero seguite iniziative di pari decisione, forse oggi i nostri maggiori rappresentanti 
non dovrebbero stare a spolverare dagli abiti quella patina di inconcludenza che rischia 
a molti occhi di appannarne lo splendore.
L’attendismo – in particolare di Federfarma – è proverbiale al punto di essere quasi diventato istituzionale (Federferma?). Peccato che nel frattempo
altre forze
non abbiano adottato la stessa strategia e, curiosamente, rischiano di uscire
vincitrici da questo confronto.
Odio i pettegolezzi e le insinuazioni volgari, ma i soliti insolenti affermano
che – a fronte dell’attendismo sornione e felino - c’è stato da parte di molte
tra le stelle più brillanti del firmamento farmaceutico italiano un frenetico
attivismo topesco, una vera e propria corsa all’apertura di parafarmacie,
quasi avessero un divinatorio sentore di come le cose sarebbero finite.
Honni soit qui mal y pense.


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