domenica 3 luglio 2011

I misteri dell'ecomi(st)a
di Maurizio Bisozzi

Per i pochi che non lo conoscessero, il professor Francesco Giavazzi è una delle menti economiche più apprezzate in Italia. Economica non certo nel senso del valore. Laureato in ingegneria al Politecnico di Milano, ha conseguito il dottorato in economia presso il Massachusetts Institute of Technology (Mit ) di Boston, attualmente insegna alla Bocconi di Milano e collabora in qualità di economista con il Corriere della Sera. Nello scorso millennio ha ricoperto un ruolo dirigenziale al Ministero del Tesoro.
Ispirandosi alla scuola di Chicago, è uno dei profeti del liberismo classico e dalle colonne del prestigioso quotidiano milanese si batte strenuamente a favore delle liberalizzazioni nel nostro Paese. Vabbè, mica tutte. Frequenti sono i suoi interventi sui costi che – a suo dire – la collettività sarebbe costretta a sopportare in virtù della mancata liberalizzazione del mercato farmaceutico. Tale liberalizzazione schiaccerebbe a morte le piccole realtà rurali e le più indifese urbane, privando la popolazione di un servizio di prima necessità, ma questo è un problema socio-politico che non turba gli economisti purosangue.
Qualcuno – i maliziosi non mancano mai – insinua che tanta smania di apertura al Mercato della distribuzione farmaceutica sia in relazione all'interesse di uno dei proprietari del gruppo RCS, editore del Corriere della Sera, casualmente anche proprietario della società Autogrill e altre attive nella grande distribuzione, ma queste dicerie sulle liaisons dangereuses tra Benetton e Giavazzi sono solo venticello che non merita ascolto.
Dicevo liberalizzazioni, per molti ma non per tutti. Pochi giorni fa l'esimio Giavazzi, elogiando le proposte di riforme a costo zero, scriveva sul Corrierone: "In Italia ci sono circa 200 mila avvocati, in Francia sono 48 mila. Difficile migliorare l'efficienza della giustizia se non si limita il loro numero. Un avvocato per sopravvivere economicamente deve avere una cinquantina di cause l'anno. Mille professionisti in più significano quindi, in teoria, almeno 50 mila cause l'anno in più. La soluzione è evidentemente il numero chiuso alla facoltà di Giurisprudenza, come peraltro chiesto dagli stessi avvocati."
Ancora turbato dall'imprevisto voltafaccia dell'erede spirituale di Milton Friedman, vengo
soffocato dal sillogismo che mi sale in gola: se la liberalizzazione delle farmacie deve portare a un aumento incontrollato delle stesse, in ossequio alla Legge di Mercato, presto ci troveremmo di fronte a una quantità di farmacisti titolari che “per sopravvivere economicamente” avrà bisogno di un certo fatturato, facendo lievitare i costi pubblici e privati della Sanità. Come gli avvocati.
A quel punto, una volta spalancata la stalla e fatti fuggire i buoi, arriverà la proposta di limitare il numero di laureati in farmacia, prima causa dell'aumento dei costi sanitari.
Professor Giavazzi, io non godo dei suoi titoli e ancor meno delle sue intuizioni economiche, non ho una solida cultura finanziaria alle spalle e mi sembra già molto, per le mie capacità, svolgere umilmente un ruolo sociale così importante e delicato. Però una domanda me la faccio: c'è una convenienza economica che sfugge ai miei limiti nell'incendiare un palazzo per poi far intervenire i pompieri, o evitare di appiccare il fuoco è una possibilità che al Mit non si prende neppure in considerazione?
Non ho mai nascosto le mie difficoltà a capire le teorie economiche, ma un costante e bizzarro paradosso pendolare accomuna liberismo e statalismo keynesiano. Come nel movimento del pendolo, si va in una direzione per poi tornare indietro: far scavare buche agli operai per poi riempirle, alimentare la concorrenza imprenditoriale per poi imporre un numero chiuso.
Sembra lo sciocco correre nella ruota del criceto, ma forse produce energia per mantenere
l'economia. E gli economisti.


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