sabato 16 luglio 2011

Tempo d'estate, tempo di esami 
di Maurizio Bisozzi

Gli esami non finiscono mai, sospirava il grande Eduardo. Lo stesso sospiro dei nostri giovani colleghi freschi e fruscianti come la stampa del loro diploma di laurea, all'atto di prepararsi a superare l'ultimo valico, quello dell'esame di stato.
La diatriba tra i sostenitori e gli oppositori di questo ultimissimo filtro ha radici lontane, non arrivando ai tempi dei guelfi e ghibellini, ma di sicuro almeno alla polemica Rivera – Mazzola in nazionale.
Le accuse rivolte di burocratico ostacolo, di ripetizione stuccosa di esami già superati sono note e bisogna riconoscere loro una certa ragionevolezza. Ma come nasce un esame “inutile”? Unicamente dal suggello che lo Stato pretende di apporre affinché un laureato possa fregiarsi del titolo di professionista. In un periodo storico delicato e attraversato da venti – spesso bufere – di snellimenti e semplificazioni, c'è il rischio di perdere l'equilibrio e cadere nel banale semplicistico.
La nostra professione deve da anni difendersi da attacchi portati da tendenze pseudo-liberiste che minano a sfrondare ogni ramo dell'albero professionale che il farmacista ha coltivato e fatto crescere con amore in faticosi anni di studio universitario. La foglia di fico dell'utilità sociale delle liberalizzazioni nasconde a fatica le pudende mire di schiacciare il farmacista nel ruolo di mero distributore, riducendo gradualmente l'intrinseco valore aggiunto insito nella nostra preparazione universitaria.
I corners della salute nei supermercati ne rappresentano solo l'ultimo aspetto, soddisfacendo essenzialmente la necessità dell'industria e della grande distribuzione di disporre di ulteriori punti vendita.
L'avventura mercantile ha goduto dell'appoggio di politici e associazioni di consumatori, due categorie alla costante ricerca di visibilità mediatica e facili consensi, pronte a inzuppare il pane negli storici ritardi che ostacolano l'apertura di nuove sedi farmaceutiche. Ritardi per i quali sarebbe d'obbligo chiamare anche le varie associazione di categoria – locali e nazionali - a risponderne alla sbarra degli imputati.
A legittimare e nobilitare il grado di semi-farmacie viene chiamato un farmacista  responsabile, privandolo del laboratorio galenico – sua culla e ragione professionale – nonché della delicata e importante gestione degli stupefacenti. Questo novello visconte dimezzato esercita perdendo ogni contatto con farmaci salva-vita, molecole innovative, farmaci fuori prontuario terapeutico, mutilato insomma di buona parte della sua identità professionale, pur di vendere qualche scatola di aspirina e un po' di cremine anticellulite. Come si possa ipotizzare il riconoscimento di punteggi maggiorati ai direttori delle parafarmacie ai fini dei concorsi per l'assegnazione di sedi farmaceutiche è uno dei tanti misteri di un Paese cresciuto – e per questo screditato in tutta Europa – tra condoni e sanatorie aberranti, tanto nel merito quanto nel metodo.
L'esame di Stato finisce per rappresentare una linea del Piave della professione, lo spartiacque che ancora ci difende e ci nobilita – non solo abilita – all'esercizio di una professione che ci colloca fieramente accanto a medici, ingegneri, avvocati, architetti, psicologi e commercialisti.
Tutti i tentativi di abrogazione o di svuotamento della sua importanza vanno nella direzione della perdita di identità professionale e svilimento del ruolo sociale esercitato dal farmacista, una perniciosa deriva commerciale tendente ad asservirci a brame di puro arricchimento che – a parte poche e umilianti eccezioni - non ci appartengono.
Alla luce delle considerazioni fatte, andrebbe inoltre rivalutato il significato del periodo di tirocinio pratico che il laureando spende presso le farmacie prima della laurea, costituendo il ponte ideale tra le nozioni apprese nel percorso universitario e la loro applicazione pratica nella professione.
Posso chiudere un occhio sui colleghi titolari che, in modo quasi scherzoso, accolgono lo studente indicandogli ramazza e straccio, non è al contrario accettabile che la goliardata iniziale diventi la triste quotidianità di un tirocinante trattato alla stregua di bassa manovalanza a costo zero.
Come specularmente vanno combattuti i vergognosi accordi tra tutor e discente tendenti a partorire falsi quadernetti non solo inutili, ma addirittura dannosi, per lo studente prima e per il paziente poi.
Il nostro è un popolo di santi, navigatori e soprattutto furbetti, sempre alla ricerca di
scorciatoie che abbrevino la strada. Cento e passa anni fa Carlo Lorenzini – passato poi alla storia con il nome di Collodi- denunciava il destino che attendeva i vari Pinocchi e Lucignoli, ma ancora oggi la mamma dei furbi compete con quella dei fessi. Spesso le due gravidanze coincidono.


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